Interrotti gli studi universitari di Scienze Naturali per dedicarsi esclusivamente al disegno e alla pittura, Sergio Fermariello inizialmente recupera il lessico visivo familiare, nel tentativo di catturare il tempo e la memoria. Verso la metà degli anni Ottanta il disegno tende a immagini sgranate, perde la messa a fuoco sull’oggetto, liquida le sue intime narrazioni con un lavoro forzato di blow-up, rendendo “la forma invisibile e vuoto il contenuto”, come dichiara l’artista.
Ciò che rimane è un segno ripetuto, ostinato nella sua fissazione, che continua a graffiare la carta per inerzia e da cui emergerà il guerriero, icone che accompagnerà il lavoro di Fermariello fino alle opere più recenti, tra cui Guerrieri-scrittura (2017), entrato nella collezione di MADRE. Partendo da un segno, un minuscolo pittogramma riconoscibile nella figura stilizzata di un guerriero ripetuta ossessivamente, l’artista realizza una “scrittura illimitata”, ricoprendo l’intera superficie della tela.
Fermariello si definisce “scrittore di una sola parola” che, a partire dal solo significante stenografico del guerriero, egli ripete come un mantra, vanificando ogni altro tentativo ermeneutico d’interpretazione. E, infatti, nel suo lavoro il segno non rimanda a un altro segno, ma si reitera nella propria autoreferenzialità semantica. Come un monaco zen, l’artista coltiva il segno realizzando un corto circuito linguistico che rinvia “al grido inarticolato delle origini e al termine delle sue presunzioni dialologiche”, chiarisce l’artista.
Sergio Fermariello vive e lavora a Napoli.